Chuah Guat Eng (蔡月英) è la prima scrittrice malese a scrivere e pubblicare in lingua inglese. Discendente di immigrati cinesi, i peranakan arrivati in Malesia tra il XV e il XVII secolo, è nata nel 1943 a Rembau, una piccola città del Negeri Sembilan. Oltre a Echi del silenzio del 1994, ha scritto un secondo romanzo, Days of Change e diverse raccolte di racconti, di cui alcuni sono stati tradotti in malese, cinese, spagnolo e sloveno. È stata lettrice di letteratura inglese all’università di Malaya Kuala Lumpur e anche alla Ludwig-Maximilian di Monaco. Oltre a essere una scrittrice, Chuah Guat è consulente in attività di comunicazione.
Per saperne di più sulla nostra autrice, abbiamo estrapolato alcune risposte che Chuah Guat Eng ha dato in diverse occasioni a chi l’ha intervistata.
Domanda: come mai ha scelto la forma narrativa della detective story per il suo romanzo?
Risposta: Forse perché ho sempre amato risolvere enigmi e rompicapo, e sono stata una lettrice accanita di letteratura gialla. Ho imparato parecchio sulla struttura, la trama e i trucchi narrativi del genere e ho pensato che sarebbe stato divertente mettermi alla prova scrivendone uno.
Domanda: c’è qualcosa di autobiografico in Ai Lian, la protagonista di Echi del silenzio?
Risposta: No, per niente. Il personaggio di Ai Lian è nato dalla mia esigenza di capire le motivazioni dei malesi di lingua inglese e non malese (nello specifico i malesi di origine cinese) che scelsero di emigrare dopo le sommosse del 1969, ma che poi ritornarono tra la fine degli anni Ottanta e gli inizi degli anni Novanta, quando l’economia malese era in crescita e vi era la possibilità di far soldi. Allora reclamavano non solo la nazionalità malese, ma sostenevano di amare profondamente il loro Paese: eppure, nello stesso tempo, molti continuavano a essere estremamente critici e spesso a esprimere il loro scontento a livello internazionale. In generale, le critiche erano rivolte alle politiche del governo malese, che loro consideravano egemoniche. Questi atteggiamenti mi hanno colpito perché denotavano cinismo e opportunismo. Per cercare di interpretare questa mancanza di impegno e coinvolgimento, ho creato il personaggio di Ai Lian più o meno sulla loro immagine, affrontando una serie di miti e pregiudizi derivanti dall’epoca coloniale e postcoloniale.
Domanda: Immaginava che questo mistery avrebbe anche contenuto una saga familiare?
Risposta: No, inizialmente no. L’idea si è sviluppata nello scrivere: la collana di diamanti, che all’inizio era solo un indizio nel caso di omicidio, è cresciuta fino a diventare un simbolo, e in qualche modo l’ho collegata al Sutra del Diamante. Avevo letto che gli insegnamenti del Buddha erano chiamati sutra (letteralmente fili di seta) da cui pendevano gioielli di saggezza, e quindi sono arrivata all’idea che nel mio mondo inventato chi entrava in possesso della collana di diamanti era obbligato a cercare la verità.